L’edificio alto ha rappresentato nel XX secolo uno degli elementi che caratterizzava una città moderna. A Milano una legge di epoca fascista imponeva che la statua della Madonnina, posta a sul Duomo della città, costituisse il punto più elevato dell’edificato urbano. Tuttavia il dibattito pubblico è sempre stato vivace sull’opportunità o meno di arricchire la città di grattacieli e questa norma non ha impedito che si costruissero.
Il boom economico degli anni '60 ha arricchito lo skyline di Milano, creando alcune icone tipiche delle metropoli contemporanee.
Il grattacielo Pirelli ne è uno degli esempi più riusciti: con i suoi 127 metri dominava tutta la città. Lo “sforamento” in altezza fu consentito a patto di accogliere alla sua sommità una riproduzione della Madonnina. L'architetto Gio Ponti concepisce questo grattacielo come elemento isolato, alterando il tessuto urbano storicizzato con la sua modernità. Vista la sua eleganza, può essere definito come un “oggetto di design alla scala urbana”.
Un altro esempio di modernità milanese è la Torre Velasca. È stata progettata dallo studio BBPR proprio con l'intento di declinare l'immagine globalizzata del grattacielo inteso esclusivamente come “edificio moderno”, affermando così la propria individualità creatrice. Per questo motivo non è mai stata amata dai milanesi, ma nel tempo è diventata un simbolo di ribellione al linguaggio universale dell'architettura.
Questi nobili esempi hanno fatto da apripista all’attuale “Milano Verticale”, oggi assai propensa allo sviluppo in altezza. La nuova sede della Regione Lombardia, il nuovo centro direzionale denominato Citylife, la Torre Unicret e il famosissimo Bosco Verticale dell'architetto milanese Stefano Boeri ne sono i maggiori protagonisti.